Il presidente dell’Azerbaigian, Aliyev, ha dichiarato: “Gli azeri lascino il Nagorno-Karabakh per un cessate il fuoco”.
CAUCASO – Continuano gli scontri tra Azerbaigian e Armenia al confine, lungo la regione del Nagorno-Karabakh.
Azerbaigian: “Tregua se Armenia ritira truppe”
Al tempo stesso, si lavora affinché la battaglia tra le due fazioni giunga a una tregua. Il presidente azero, Ilham Aliyev, non ha escluso un cessate il fuoco ma a una condizione ben precisa: “Una tregua va bene, ma a quali condizioni? La condizione deve essere che le truppe armene siano ritirate da tutti i territori. Che comincino a ritirare le truppe e ci presentino un cronoprogramma di ritiro, che si assumano seri obblighi e onorino la tregua, e poi noi faremmo sicuramente lo stesso“, ha detto Aliyev in un’intervista ad Al Jazeera TV.
L’escalation delle tensioni lungo la linea di contatto nella zona di conflitto del Nagorno-Karabakh è il risultato della politica distruttiva dell’Armenia, ha aggiunto Aliyev, citato da Interfax.
Il conflitto del Nagorno-Karabakh
Pochi giorni fa, a distanza di quasi trentanni dagli ultimi eventi bellici, è ripreso lo scontro tra le due ex repubbliche sovietiche del Caucaso. Nel 1991, infatti, Azerbaigian e Armenia combatterono una sanguinosa guerra per procura che ha lasciato in terra circa 30.000 morti, dopo che i separatisti armeni hanno preso il controllo della regione azera del Nagorno Karabakh, poco dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Dal 1994 è in vigore un accordo di cessate il fuoco fra i due Paesi, che però non sono mai arrivati a una pace, malgrado la mediazione di Stati Uniti, Francia e Russia attraverso il cosiddetto Gruppo di Minsk.
Il contrasto e le tensioni è già insito nel nome della regione. Nagorno significa montagna ed è una parola che viene dal russo, quella stessa Russia che oggi sostiene la causa degli armeni nella regione. Karabakh è invece una parola di origine turca che significa giardino nero, con la Turchia che oggi appoggia l’azione dell’Azerbaijan e definisce l’Armenia come la causa dell’instabilità del Caucaso.